sabato 30 dicembre 2006

SALVADOR DE BAHIA

Cronaca di una giornata qualunque a Salvador.
Sveglia alle otto, colazione e poi appuntamento con Maria, che ieri e´ stata la mia guida, ma siccome abbiamo simpatizzato e oggi deve andare al mercatino per conto suo, mi sono offerto di accompagnarla. Maria e´ una simpatica cinquantenne new age che deve comprare un maiale di terracotta, visto che l´anno prossimo cadra´ appunto sotto l´egida del suino. Andiamo cosi´ al mercato popolare di San Joaquim, una mazzata cromatica e olfattiva. Appena entrati un tizio con trecce rasta fino ai piedi mi chiede se sono interessato a fare una macumba. Non venendomi in mente nessuno da macumbare, declino. La parte piu´ bella del mercato e´ la zona con decine di tipi di frutta, verdura e spezie mai visti prima. La parte piu´ inquietante e´ la zona dei polli, divisi in polli da cucina e polli "per i sacrifici".
Saluto poi Maria e per pranzo mi faccio una bella passarinha, che non e´ quello che qualcuno di voi stara´ pensando, ma in realta´ neppure io so cosa sia. So solo che e´ animale e che, come sempre, mangio tutto finche´ e´ caldo. All´una il caldo diventa torrido, e solo un cretino potrebbe accendersi un sigaro.
Finito il sigaro, vado in pellegrinaggio alla casa-museo di Jorge Amado, qui giustamente venerato, dopodiche´ compro i biglietti per lo spettacolo che Maria mi ha suggerito per stasera, una serie di danze folk. Temo qualche vaccata per turisti, ma mi fido. Dopodiche´ mi perdo nella citta´ vecchia, fino a trovarmi in un quartieraccio poco simpatico. Chiedo a uno spazzino come tornare a Pelourinho, il centro storico, e lui, allarmatissimo, mi raccomanda di andarmene subito dal quartieraccio, "finche´ c´e´ la luce del giorno". Da come lo dice sembra un contadino transilvano che si raccomanda di stare lontano dal castello del Conte, percio´ obbedisco. Quando inizia a farsi sera, prima di andare allo spettacolo penso bene di concedermi una cena abbondante: antipasto (cioe´ una caipirinha), portata principale (cioe´ un´altra caipirinha) e dessert (cioe´ una terza caipirinha). Arrivo al teatro bello pimpante; il teatro e´ molto piccolo, con platea fatta a gradoni, e il palcoscenico molto vicino: quando i ballerini fanno a mazzate con clave di legno, le schegge ci arrivano addosso. Lo spettacolo e´ meraviglioso, di una bellezza primitiva, quasi ancestrale: la sensazione, se ha un senso quello che sto per scrivere, e´ di aver gia´ visto quelle danze, secoli fa. Mi innamoro di tutte le ballerine, una dopo l´altra, e di fronte alla Capoeira resto a bocca aperta. Credetemi, quando e´ fatta davvero bene, fa PAURA.
Esco, ed e´ ormai notte, con l´idea che gli dei africani mi siano vicini, e infatti ne ho subito la prova: incontro due turisti, chiaramente italiani. Jeans, scarpe chiuse e maglia in dentro (in un posto dove tutti vanno in giro e pantaloncini e infradito) gigantesco marsupio in vita. Il bello e´ che mi scambiano per indigeno, e mi chiedono in un quasi-inglese dove trovare garotas, ragazze, con gesti ed espressioni cosi´ laide e viscide che al confronto Riccardi Schicchi lo vorreste come tutore per vostra figlia. Ciliegina sulla torta, uno dei due ha la maglia del Genoa. Di fronte a una simile apoteosi non posso restare indifferente: li indirizzo con entusiamo al quartieraccio di oggi pomeriggio, accompagnandoli addirittura per un pezzo in modo da essere sicuro che ci finiscano nel bel mezzo. Poi festeggio, mangiando finalmente due bocconi (cioe´ altre due capirinhe) e attaccando bottone con una tizia che voleva farmi i capelli con le treccine rasta.

Torno a casa non proprio lucidissimo. Rifiuto varie offerte da peronsaggi loschissimi, anche perche´ non capisco bene cosa mi propongano: droga? Donne? Un rene? Un arsenale atomico? Leggo un cartello che indica la presenza a Salvador di una via Ray Charles, cosa che mi sembra molto bella. Poi penso che potrebbe essere un vicolo cieco e comincio a ridere da solo della mia stessa freddura. Un tizio si affaccia alla finestra e mi chiede di dove sono. Glielo dico e lui dice a voce alta qualcosa sull´Italia che non capisco. Tutta la via ride. Reagisco nell´unico modo possibile: alzo le braccia al cielo e comincio a gridare "Campioni del mondo! Campioni del mondo!" E´ il trionfo: attraverso fiero la via sotto una pioggia di fischi e insulti, e in qualche modo torno alla mia posada. Ronf.


Non so se riusciro´ a scrivere ancora nel 2006. Se non ce la faccio, vi auguro un felice anno nuovo. Per quello che mi riguarda questo e´ stato un anno decisamente intenso. Ma visto che in qualche modo sono sopravvissuto, penso che l´unica cosa che conta e´ che non mi sia mai annoiato. E se e´ vero, come dice Nietzsche, che cio´ che non ti uccide ti rende piu´ forte, sono contento di tutto quello che ho avuto. E ´sti cazzi, l´anno prossimo ne voglio di piu´.


Ora sto per partire di nuovo: la pacchia di Bahia, di questa vita, questi suoni, questi colori e´ finita: sto per passare quasi tutta una settimana in un posto tranquillo, silenzioso, pacifico, deserto, quasi noioso.

Si chiama Copacabana.

giovedì 28 dicembre 2006

SALVADOR DE BAHIA

Oltre all´overbooking ho avuto a che fare con un volo cancellato perche´ non sapevano dove fosse l´aereo. Sono atterrato a Salvador che volevo glassare col napalm tutto il Brasile. Ora sto cercando un consolato per chiedere la cittadinanza. Questa citta´ e´ stupenda, piena di fascino, piu´ brasiliana del Brasile (almeno per come me lo immaginavo), con ragazze di rara bruttezza, nel senso che e´ davvero raro trovarne una brutta. Stamane in un museo una mulatta da sogno, nella sua minigonnata divisa da guardiano, mi si e´ avvicinata mentre segnavo delle cose sul taccuino, e con un sorriso da mozzare il fiato mi ha sussurrato qualcosa. Le ho fatto cenno che non capivo, maledicendomi per non saper tradurre quella che era di sicuro una frase di approccio.
Allora mi ha detto semplicemente "You can´t sit here."

Ho chiesto a una guida di indicarmi qualcosa di diverso da chiese e musei, qualcosa di tipicamente Bahiano, e mi sono trovato nella semioscura e deserta cripta della Congrega della Buona Morte, davanti a statuine di santantoni negri vestiti da principi zingari, madonne con lo sguardo incazzato e la sciabola in mano, gesubambini avvolti in foglie di palma e circondati da simboli esoterici. Un trionfo del sincretismo religioso piu´ bizzarro. E anche un filino inquietante, a dirla tutta.

E per pranzo, un bel mezzochilo di unta, fredda, callosissima trippa. Gnam!

mercoledì 27 dicembre 2006

AEROPORTO DI MANAUS

Oggi ho scoperto la cosa che piu´ mi fa infuriare al mondo. Si chiama OVERBOOKING e se non sapete cos´e´, scusate ma sono troppo incazzato per spiegarlo. Ho avuto il dubbio onore di essere agguantato saldamente per un braccio ed invitato a calmarmi da un poliziotto formato King Kong mentre stavo per sbranare la tipa del check in. Tanta felicita´ a tutti.

RITRATTO

Barbara, 26 anni, terapeuta infantile. Gran gnocca. La conosco sulla nave sulla quale ho risalito l`Amazonas negli ultimi giorni (pescando tra l`altro tre piranha ed esaurendo cosi` le mie riserve di coraggio per molti anni).
Ostenta una meravigliosa matassa di treccine, e mi racconta che e`proprio facendo treccine che si e` pagata gli sutdi e la specializzazione. Tra un anno fara` tre mesi di ulteriore specializzazione a Venezia, e si entusiasma all`idea che a Venezia a dicembre faccia alquanto freddo. Ride sempre, e mi recita di continuo poesie brasiliane di cui non capisco assolutamente nulla, ma che hanno un suono stupendo.
Mi dice che ci sono tre cose che ogni brasiliano sa fare: ballare la samba, giocare a futebol e fare una caipirinha.
E quest`ultima cosa me la dimostra l`ultima notte di viaggio, quando di nascosto forziamo il bar abbandonato della nave per organizzare una specie di happy hour autogestito.

RITRATTO

Alessandra, 24 anni, studentessa di economia. Gran gnocca. Di quelle che ti fanno dire "Se rimorchio una cosi´, Babbo natale esiste." La conosco tramite una tizia che ho conosciuto sull´autobus e, a farla breve, la notte di Natale l´ho passata a bere con quattro tizie. Parliamo, in un inglese molto basico, degli U2, della vita notturna di Manaus, della musica brasiliana. Lei sorride sempre di piu´, si avvicina, si struscia, finche´ non butta li´, come se nulla fosse, "You pay me 150 real, I go to your room."
Babbo Natale non esiste.
Cerco di reagire da uomo di mondo, continuo a sorridere, e le dico con naturalezza "I never paid for sex in my life." Lei lo ripete in brasiliano alle amiche che sghignazzano guardandomi con compatimento. Dopodiche´ fanno per andarsene, come se le cose non fossero andate come si aspettavano. Alessandra mi si avvicina e mi dice a bassa voce "If you call me tomorrow, you don´t have to pay."
"What´s the difference between today and tomorrow?" chiedo.
"Tonight I have to go dancing with them, and we go together in another place."
Se era per far marchette non sarebbe stato un problema, pero´: lo penso, ma non lo dico. Non capisco la sua logica, non capisco se e´ una specie di trucco commerciale o cosa. So solo che e´ sempre piu´ difficile far finta che sia una normale conversazione.
Si struscia ancora, cerca di mettere le mani un po´ dappertutto, e mi ripete, come se non avessi capito, "I tell you that tomorrow, if you see me alone, you don´t have to pay, because I really like you."
"No" le dico, ed ora e´ il suo turno di non capire. Mi guarda, mi chiede perche´. Non so come spiegarlo a me stesso (insiste molto, ed e´ sul genere super-convincente), figuriamoci a lei. E´ con un filo di voce che taglio la testa al toro e le dico semplicemente la verita: "Because it´s not my way, and tomorrow when I wake up I don´t want to see you again."
Due mondi che proprio non si capiscono.

domenica 24 dicembre 2006

MANAUS

Il Brasile si e' annunciato subito alla grande:`il volo Tabatinga-Manaus e' partito con oltre un'ora di ritardo. Che non sarebbe una gran cosa, se non fosse che quel volo era l'unico di tutta la giornata da Tabatinga.
Manaus e' molto diversa da come se la immaginano i lettori di Mister No. Una citta' che si affaccia su un mare ( ormai non me la sento piu' di chiamarlo fiume, visto cosa e' diventato), con un lungomare che sembra Rimini e alberghi che sembrano Las Vegas. La zona e' frequentata da pacifiche famiglie, e se tengo lo zaino davanti non e' per paura di rapine, ma per difendere il mio povero pancino dalla letale aria condizionata. La sera e' come in qualunque spiaggia del mondo, con ragazzine di dodici anni in tiro e ragazzi che sfogano il testosterone con partite di calcio in spiaggia e accenni di rissa qua e la'. La particolarita' locale e' data dalla presenza di enormi macchinoni che girano su e giu' col portellone posteriore aperto e l'intero portabagagli occupato da casse stereo lampeggianti che liberano un numero di decibel spaventoso.
Io ormai faccio sempre piu' fatica a distinguermi dai locali, che quindi mi rivolgono la parola direttamente in brasiliano, che avra' si' la familiare cadenza del genovese, ma per quanto mi riguarda e' appena piu' comprensibile del polacco.

A quest'ora voi starete mangiando il panettone e decidendo se aprire i regali stasera o domattina. Io appena esco da questo Internet-bar vado in spiaggia a prendermi il sole e a farmi un tuffo. Domani mi imbarco per una mini-crociera per vedere com'e' da queste parti la giungla dell'Amazonas. Spero di non dovermi di nuovo cospargere di marmellata di termiti.
Auguri a tutti.

sabato 23 dicembre 2006

LETICIA 2

Finalmente ce l'ho fatta a perdere qualcosa. Ci ho provato coi biglietti, coi documenti, un sacco di volte con gli occhiali da sole. Ci sono riuscito col pile, il mio unico indumento pesante, a parte il piumino antartico. Nulla di grave, ma e' gia' un inizio.
A Leticia continuano ad alternarsi pioggia e sole, col risultato di avere il raffreddore e un po' di brividini, a meno che non sia la malaria, ma il vaccino dovrebbe funzionare (ma la malaria e' mortale? E' guaribile? Boh).
Per il resto passo le mie ultime ore peruviane nei negozietti con oggetti di squisita fattura, che hanno quasi tutti la stessa dicitura, il cui significato ignoro, probabilmente e' in qualche dialetto amazzonico: MADEINCHINA.
Saluti a tutti, vado a bermi l'ennesimo mezzo litro di spremuta di dio-solo-sa-cosa.

giovedì 21 dicembre 2006

LETICIA

Molti turisti confondono "quartieri caratteristici" con "quartieri in cui si puo' essere rapinati", ma ci vuole un vero talento per finire regolarmente nel posto in cui non si dovrebbe. Ed io ce l'ho.
A Iquitos, per esempio, tutti mi dicevano "Vai ovunque, ma non a Belen" (gia' il nome...) Ovviamente sono andato a fare due passi per Iquitos, ovviamente mi sono perso, ovviamente sono finito a Belen: palafitte fangose, fatte di assi sconnesse e lamierino, spesso senza pareti. Bambini ovunque, ragazzini di 7 anni che ti guardano storto e giocano a carte a soldi, e invece della solita carne semidecomposta dei mercatini peruviani, vendono sulle casse direttamente zampe di gallina. Per ovvie ragioni non ho scattato neppure una foto. La sera sono stato simpaticamente tampinato da due tipe che avevano la mia eta'. In due.
Oggi ho preso il traghetto e ho attraversato tutto il giorno l'Amazonas. davvero e' difficile rendere quanto sia grande, talmente grande che non si vede la corrente, e non si capisce da che parte scorra. Il viaggio e' stato meraviglioso: siamo partiti alle 4 di notte, e siccome pioveva ci hanno messo solo tre quarti d'ora per far salire venti passeggeri. Il viaggio e' stato tranquillo, con un vago retrogusto di Apocalypse Now, e un paio di momenti non simpaticissimi quando la polizia doganale, prima peruviana poi colombiana, si e' presentata armi in pugno e mimetica a controllare i documenti, con modi non proprio gentili, (specie se uno aveva il passaporto europeo e la faccia da delinquente).
Ora sono qui, in una citta' che e' alla confluenza di tre confini, dopodomani vado in Brasile dove mi chiedo come accidenti parlero', visto che lo spagnolo lo so poco, ma il portoghese non lo so proprio per niente. Stanotte mi aspetta una notte rovente: la direzione dell'albergo ha infatti trovato il modo di farmi trovare compagnia in camera, e non neppure ci provo a mandarla via. Rossa scura, fremente, ben tornita, tutte curve: una cucaracha come non ne avevo mai viste.

mercoledì 20 dicembre 2006

IQUITOS 2

Arieccomi, vivo e vegetale. Dopo la notte a Iquitos, al mattino mi sono imbarcato per l'Amazzonia con Ricardo, la guida, un buontempone che si grattava la schiena col machete, e Leandro, un ex ufficiale della Legione straniera spagnola, un tizio simpatico, ma col quale ho intuito da qualche battuta qua e la' che non fosse opportuno discutere delle nostre vedute politiche. Il fiume su cui navigavamo era gia' grosso come il Po, poi ho scoperto che era solo un affluente dell'Amazonas, enorme, denso, lento e maestoso come qualcosa di inevitabile. Siamo arrivati al lodge, una struttura dove le pareti sono fatte da zanzariere, il tetto e' di foglie e mancano inutili orpelli come acqua calda e corrente elettrica.

Posiamo le nostre cose e partiamo per l'esplorazione. La prima tappa e' stata senza dubbio il momento finora piu' sgradevole del mio viaggio. La barca ci lascia in uno spiazzo dove vivono alcune famiglie di Indios. Una ventina di persone, quasi tutti anziani e bambini, vestiti con gli abiti che uno si aspetta di vedere. E infatti Ricardo ci spiega candidamente che si sono vestiti cosi' solo per noi, che tra un'ora, quando ce ne andremo, si rimetteranno abiti normali e torneranno alla propria vita di pescatori e contadini. Dopodiche' gli indigeni ci raccontano alcune amenita' della vita nella foresta e ci dedicano una specie di danza di benvenuto, con flauti e tamburi. Io mi sforzavo di pensare che non sia troppo diverso da una puntata di Linea Verde, ma non ce la facevo, troppo tristi le facce, troppo tristi le bancarelle con le collanine, troppo triste il tutto. Mi sono sentito a disagio, non vedevo l'ora di andarmene. L'unica cosa positiva e' che ho scoperto di avere un discreto talento a lanciare dardi al curaro.

La seconda tappa, dopo pranzo, e' l'incontro con Lucio, lo sciamano della zona. Lucio si veste come un bagnino, polo calzoncini e ciabatte, il che me lo rende immediatamente credibile, dopo lo spettacolo avvilente del mattino. Lucio e' simpatico, ci racconta della sua vita e di come ogni tanto qualche antropologo viene da lui immaginandosi chissa' quali magie per poi scoprire che alla fin fine e' una specie di omeopata ed erborista. Poi mi guarda fisso, mi mette una mano sulla fronte e mi dice che secondo lui non sono felice, che non sono realizzato perche' penso troppo, che dovrei prendere le cose con piu' leggerezza. Chiacchierando del piu' e del meno, si finisce a parlare dell'Ayauasca, o giu' di li', che lui definisce un Haluxinogeno. Io non conosco bene lo spagnolo, percio' vado a senso, e traduco "haluxinogeno" come "tenue camomilla." Sembra che l'utilizzo rituale di questa Ayauasca aiuti a entrare in contatto coi propri demoni e ad elevare la propria spiritualita'. Non male, per una camomilla. E siccome sono curioso, chiedo di provarla, nonostante io abbia la spiritualita' di uno scaldabagno. Ci accordiamo per la sera successiva.

La terza tappa e' stata la piu' affascinante, con esplorazione della foresta in cerca di bestie. Ho visto farfalle e uccelli dai colori pazzeschi, ho visto la tartaruga amazzonica, che credo sia l'animale piu' puzzolente del mondo, ho visto serpenti piu' o meno simpatici, ho visto nel suo ambiente il bradipo (il bradipino! Il mio animale totem!) e ho vissuto momenti drammatici: non potete dire di aver visto una scazzottata come si deve se non avete mai visto una bella rissa su un albero tra una scimmia e un pappagallo.

La sera usciamo con la canoa, al buio, ed e' meraviglioso muoversi tra i rumori della notte, pensando che in quel momento sei totalmente inerme di fronte alla natura, ma proprio per questo ti senti stranamente sicuro. Dopo cena passa a trovarci Lucio. Fuma sigarette fatte a mano, mi spiega che il tabacco se lo coltiva lui, in maniera da non avere nicotina e altre schifezze chimiche. Ne fumo una, e mi sembra di essermene fumato un pacchetto intero. Chiacchieriamo a lungo, e a un certo momento mi rendo conto che sono in Amazzonia a discutere di teologia e storia delle religioni, con uno sciamano, in una lingua che neppure parlo.

Finalmente vado a dormire, mentre inizia a diluviare, ma il tetto di foglie si rivela perfettamente impermeabile.

Il mattino dopo mi aspergo come sempre di repellente anti insetti, attraversiamo di nuovo l'Amazonas, con la vista di alcuni delfini rosa d'acqua dolce, tanto per gradire, poi entriamo nella foresta, quella dura e pura, quella dove non si vede il sole perche' gli alberi altissimi coprono il cielo con le loro fronde. Veniamo accolti da qualche iguana sdegnosa, da uno sciame di grossi ragni volanti bianchi e da fantastiliardi di zanzare. Mi viene il dubbio che la farmacista si sia sbagliata, e anziche' "repellente" abbia capito "richiamo". Ricardo mi vede che mi massacro di schiaffi, e mi suggerisce il rimedio locale. Spacca col machete uno dei molti enormi termitai e mi invita a posare le mani in mezzo al brulichio sottostante. In pochi secondi le mie mani si ricoprono di centinaia di termiti. Quando sembra che abbia dei guanti neri le sfrego tra loro, massacrando le bestiole ed ottenendo una poltiglia che non profuma esattamente di Chanel n.5. Poi mi cospargo braccia e faccia con la poltiglia, ottenendo effettivamente di essere lasciato in pace dalle zanzare. Ok, ok, non dico di averlo fatto senza battere ciglio, ma l'ho fatto.

Nel pomeriggio ci diamo alla pesca al piranha, e per fortuna ne prendiamo uno solo. Per fortuna, perche' non e' piacevole essere in una canoa con un piranha disperato che saltella in su e giu' aprendo e chiudendo compulsivamente la mascella con dei clic minacciosi. Io ovviamente non tiro su nulla. In compenso faccio mangiare tanta di quell'esca alle bestiole che mi aspetto come minimo una cassa di vini pregiati per Natale da parte dell'Associazione Piranha.

Torniamo indietro attraversando un canale secondario, totalmente privo di onde, ed e' come navigare su uno specchio luccicante.

La sera non vedo l'ora di provare l'Ayauasca, fermamente deciso ad espandere i miei orizzonti spirituali in una cerimonia sciamanica, e' tutto il giorno che ci penso. Appare Lucio: nel pueblo vicino e' scoppiata una discussione per dei confini. Lui e' anche l'alcalde, olter che curador, quindi spetta a lui andare a dirimire la questione. Niente cerimonia. La mia spritualita' non puo' espandersi per una bega da condominio, che sfiga. Mi consolo con undici ore di dormita, mentre fuori ricomincia come la sera prima a piovere, e come sempre sembra di vivere in una via dove centinaia di ladri stiano tentando di rubare centinaia di macchine con l'allarme inserito, e in ogni macchina ci sia un filpper impazzito.

Ora sono di nuovo a Iquitos. Domani mi aspettano otto ore di battello per poi passare il confine e fare un breve tratto in un altro paese. O forse dovrei dire una breve striscia, visto che il paese in questione e' la Colombia. Sara' uno sballo.

Au revoir.

domenica 17 dicembre 2006

RITRATTO

Elisa, 41 anni, cilena, insegnante alle elementari. Vive a Norkoepping, in Svezia, da quando Pinochet e' andato al potere nel '73 e suo padre e' dovuto scappare con la famiglia in Svezia. Ora che, testualmente, il porco e' morto, finalmente se la sente di rimettere piede nel suo paese. Le ho chiesto come mai non e' rientrata prima, visto che Pinochet era gia' da un pezzo fuori dai giochi. Ha risposto che non si sarebbe comunque goduta la sua patria, sapendo che quello li' era in giro.

IQUITOS

Ieri sono rimasto un giorno in piu´ a Cuzco. Pioveva cosi´ tanto che non erano arrivati aerei da Lima. Quindi virtualmente bloccati, trovatevi un albergo e tornate domani.
Stasera finalmente sono arrivato a Iquitos, che, alla prima impressione serale, sembra un misto fra Casablanca e il set dell´Infernale Quinlan, il posto perfetto per un film. C'e' colore, rumore, case da gioco in quantita', pericolo, brutte facce, ma oramai anche io non stono. Ci sono tanti, troppi cartelli che mettono in guardia dal rischio di farsi beccare con una prostituta minorenne... Ieri un tassista mi diceva tutto untuoso che Iquitos e' famosa perche' ci sono cinque donne per ogni uomo, avvertendomi poi che ci sono mujeres cattive che ti mettono qualcosa nel tuo drink, e quando ti svegli il giorno dopo ti hanno portato via tutto, offrendosi poi di darmi il numero di una sua amica brasiliana che vive qui, cosi' da andare sul sicuro. Dopodiche' ha buttato li' anche la possibilita' di procurarmi un grammo di coca a sette soles, poco meno di due euro, per la rabbia di voialtri pippatori che leggete.
Un altro aspetto interessante di Iquitos e' la quasi totale assenza di automobili, mentre abbondano le moto, che mi fanno venire nostalgia della mia piccola amica argentata, e i tricicli a motore tipo Thailandia.
Puo' capitare di vedere delle moto che trasportino solo due passeggeri. Quello che proprio NON puo' capitare e' di vedere qualcuno col casco, al punto che penso che non e' che non sia obbligatorio, no. Secondo me qui il casco e' proprio vietato, e pure severamente.
Tutto intorno e' Amazzonia, uno spettacolo che gia' dall'aereo lasciava a bocca aperta. Insomma, Iquitos fa molto citta' di confine, di quelle dove non sai mai cosa puo' capitarti. Per fortuna domani vado nel regno di piranha e alligatori.

GRANDI EMOZIONI
Visto che siamo bravi tutti a fare i superiori che vengono a visitare i poveri fessi del terzo mondo, vorrei sottolineare che qui i farmaci li vendono sfusi, secondo la quantita' che il medico vi ha prescritto. A me pare un segno di grande civilta'. Ricordatevelo, la prossima volta che il medico vi prescrive undici pillole di qualcosa che viene venduto solo in costose confezioni da dieci.

sabato 16 dicembre 2006

CUZCO 3

Piove di brutto. Tra poco parto per Iquitos, e questo vuol dire che passero' i prossimi giorni nella giungla, o giu di li'. Ieri ho passato la giornata a gironzolare per i mercatini, dove nella loro ingenuita' gli indigeni svendono i maglioni di alpaca a 100 euro l'uno.
Ho visitato un po' di musei, tra cui quello dell'arte precolombiana: oggetti bellissimi, decorati con disegni elementari ma di grande impatto visivo. Non capisco perche' al gift shop del museo vendano solo statuette con cazzi giganteschi e accoppiamenti vari.

Per oggi e' tutto.

Baci.

giovedì 14 dicembre 2006

MACCHU PICCHU

Prima sorpresa. L'Apartheid, che non esiste piu' in Sudafrica, vige ancora in Peru': per andare a Macchu Picchu c'e' il treno per turisti e quello per locali. Uno costa dieci volte di piu', impiega lo stesso tempo, e ha interni migliori. Ma per prendere quello peruviano bisogna essere peruviani, quindi non ho avuto scelta. Pare siano stati i turisti a chiedere un treno tutto per loro. Ho dovuto fare il viaggio con studenti neozelandesi e torme di connazionali ("Aho', 'taliano pure tu? Daje!").

Seconda sorpresa. Ho una guida tutta per me, Luis, una guida che parla un italiano invidiabile. Si e' mostrato paziente nel rispondere a tutte le mie domande e credetemi, gliene ho fatte TANTE, anche quando gli ho chiesto di insegnarmi i rudimenti della lingua Quechua. Unico momento drammatico e' stato quando gli ho chiesto se Macchu Picchu fu costruita dagli schiavi. Mi ha risposto, gelido, "gli schiavi erano nelle civilta' dei tuoi antenati, non dei miei."

Dopo quattro ore di treno, eccomi a Macchu Picchu. La storia di questo posto e' fenomenale: l'impero Inca andava a gonfie vele, e i sacerdoti Inca volevano togliersi lo sfizio di costruirsi una zona sacra tutta per loro, dove riunirsi ai solstizi a fare le loro cose, un incrocio fra un conclave e una Woodstock esoterica.
Ma non riescono a finire il lavoro: arrivano gli Spagnoli e in cinque minuti devastano l'Impero. I Sacerdoti piantano li' tutto e si rifugiano nell'interno, gli Spagnoli cercano solo oro e il tutto finisce sotto le erbacce per secoli, anche perche', visto che evidentemente non era abbastanza chic costruirsi un centro mistico monumentale a 2400 metri di quota con la forma di un condor e una perizia architettonica eccezionale, la strada per arrivare li' non viene fatta a valle, lungo il fiume, ma quasi in cima, dove non la vede nessuno: e' il sentiero sacro Inca, la prova che certi lavori pesanti non li avranno fatti gli schiavi, ma di certo non li facevano i sacerdoti che se ne uscivano con queste idee brillanti.
1911. Un certo Bingham, uno dei tanti archeologi che all'inizio del '900 se ne andavano in giro per il mondo senza sapere bene cosa cercare, ma sperando di pescare un jolly, passa di li', dove vivono poche famiglie di contadini. Un bambino (in queste storie c'e' sempre un bambino che non si fa i cazzi suoi) gli dice che poco lontano c'e' un tempio abbandonato. Bingham va, vede, non capisce una cippa e comincia a strillare di aver scoperto la citta' perduta degli Inca. Le da' il nome della montagna piu' vicina, e fa calare da Yale un'orda di scienziati. Gli scienziati come prima cosa cacciano via i contadini a calci in culo (cosi' il bambino impara a farsi i cazzi suoi) poi ribaltano tutto. Tornano a Yale portandosi dietro come souvenir 5000 reperti, che il governo peruviano sta ancora aspettando che gli restituiscano, mentre Bingham diventa un eroe e lo fanno senatore. I Peruviani costruiscono la ferrovia per arrivare fin li' e cominciano a vendere tappeti di Alpaca taroccato. Oggi si stanno chiedendo come conciliare il loro legittimo desiderio di spremere i turisti con i geologi rompiballe, che hanno posto un limite molto stretto agli ingressi. Si pensa di mettere una supertassa, cosi' entreranno in pochi, ma ricchi. Ho chiesto a Luis perche' non tolgono semplicemente il treno, cosi' a Macchu Picchu va solo chi se lo merita, cioe' chi si spara 4 giorni a piedi sul sentiero sacro Inca. Luis mi ha giustamente guardato come si guarda un imbecille.
Quindi, se pensate di farvi un giro da queste parti (e FATE IN MODO DI PENSARCI, MALEDIZIONE. E' UN CAZZO DI CAPOLAVORO, NON LO DESCRIVO SOLO PERCHE' NON SAPREI DA CHE PARTE COMINCIARE) sbrigatevi, prima che vi costi 1000 dollari solo l'ingresso.

Finito il giro, Luis mi mostra poco distante Wayna Picchu, una montagna alta e ripida, da cui si gode una gran vista, ma sembra tosta. Luis mi incoraggia spiegandomi che in cima bisogna letteralmkente strisciare attraverso uno strettissimo budello dentro la montagna: interessante, se uno soffre di claustrofobia, ma assolutamente irresistibile se ci si ricorda di quanto sia sismicamente vivace il Peru'. Poi, a scanso di equivoci, Luis mi dice "guarda che se vuoi andare, sali da solo, io non vengo."
Prima di salire bisogna mettere su un registro nome, cognome e nazionalita': mi spiegano che la nazionalita' serve per sapere quale ambasciata avvertire se uno non torna. Guardo gli altri nomi: nessun italiano, ovviamente, visto che c'e' da faticare. Australiani, canadesi, giapponesi. Insomma, sul Wayna Picchu puo' salire solo un superatleta o uno votato al sacrificio.

O uno cosi' coglione, ma cosi' coglione, da salire senza acqua, sotto il sole cocente di mezzogiorno, con ben calcato in testa il suo patetico berretto peruviano in lana, che parte con passo fiero e deciso perche' tanto si sente esperto dei monti.

Insomma, avete capito di chi parlo.

Morale: arrivato ansimante in cima, ho avuto le visioni fantozziane delle tre divinita' Inca: il dio Serpente, simbolo di astuzia, che mi ha detto "sei un cretino", il dio Puma, simbolo di forza, che mi ha detto "sei una mezza sega", e il dio Condor, simbolo di liberta', che mi ha mandato dei suoi emissari alati: il condor arriva a tre metri di apertura alare ma credetemi, le zanzare con cui ho avuto a che fare lassu' non sfiguravano. Sono tornato indietro di corsa.

Sul treno, la commistione di caldo, stanchezza, crema solare e Autan mi ha permesso di fare il vuoto intorno a me.

GRANDI EMOZIONI: Qui in Peru' vanno molto forte i film di Bruce Lee, doppiati in peruviano. Credetemi, hanno un fascino ipnotico.

GRANdI EMOZIONI 2: Mentre avevo le visioni mistiche, pensavo ai travestimenti sacri, e a come i Sacerdoti si parassero da animali. Voglio dire, non e' umiliante vestirsi da bestia per una festa? AH AH AH! UAH UAH UAH! TERRRRRRZZZZZZOOOOOO (Scusate, queste ultime righe le possono capire solo i miei colleghi)

RITRATTO

Carmenrosa, 38 anni, "contadora" (cosa sara'? Contadina? Contabile? Account? Lettrice di contatori per l'Enel peruviana?), divorziata con un figlio. La cosa di cui e' maggiormente fiera e' di averne messo al mondo uno solo. Cosi' puo' garantirgli una eccellente istruzione dai salesiani e tra pochi anni realizzare il suo sogno: dice che vuole venire a Milano a comprare "decine e decine di borse e scarpe alla moda."
Carmenrosa guadagna circa 110 euro al mese.

NOTA TECNICA

Da ora dovreste poter scrivere commenti senza dovervi registrare.

mercoledì 13 dicembre 2006

CUZCO 2

E' dura mangiare sulle Ande per chi odia il mais. Escludendo i pseudo-fast food locali e gli onnipresenti locali, dove ti servono le "Fetuccini Alfreddo con ragu de Venecia" (sic) mi sono lanciato sulle tracce degli indigeni, cercando con cura un posto dove ci fossero solo i locali.
Ho cosi' scoperto i cicharrones, in pratica pezzi di grasso delle forma e delle dimensioni del cubo di Rubik, con attaccate tracce di carne di porco, del colore e della consistenza dell'alabastro. A guarnire, le cipolle, che qui mettono ovunque, e quello che eufemisticamente potrei definire un sashimi di patate.
La salvezza viene dalla birra locale, piu' che accettabile, e da una specie di salsa bearnese arricchita al plutonio.
Visto che il mio coltello non riusciva a scindere la carne dal grasso, ho dovuto prendere in mano i gialli, viscidi, sguscianti cubi di grasso per strapparne coi denti le molecole di carne. Cosa che mi ha messo al centro di una serie di occhiate disgustate da parte degli educati peruviani.
Sono entusiasta. Viaggiare e' meraviglioso.

Domani vado a Macchu Picchu, a parlare faccia a faccia con gli Dei Inca. Spero che non si montino la testa.

GRANDI DOMANDE: Quando qui qualcuno mi si avvicina ammiccante con delle cartoline in mano, capisco che vuole vendermi delle cartoline. Quando qualcuno mi si avvicina ammiccante con dei guanti, capisco che vuole vendermi i guanti. Quello che non capisco e' cosa accidenti vogliano vendermi i tizi che mi si avvicinano ammiccanti che si tappano con un dito una narice e aspirano forte con l'altra.

CUZCO

Ieri ho mangiato un piatto di pesce fresco che ho pagato 20 euro e per il quale avrei tranquillamente pagato il triplo. Mezz'ora fa ho fatto un pasto completo per l'equivalente di 30 centesimi e, credetemi, non li valeva.
Stamattina mi sono svegliato sull'oceano, ora sono a 3400 metri di quota, con un po' di mal di testa. Mi hanno detto di starmene un po' buono e mi hanno dato da bere il Mate, una specie di the fatto con foglie di coca. Stupefacente.
Cuzco era la capitale dell'impero Inca, e tutti i suoi abitanti sono chiaramente i discendenti degli Inca. Ma direi che l'impero ha fatto una gran brutta fine, e qui paiono tutti messi maluccio: ho chiesto al solito ragazzo che voleva vendermi cartoline di indicarmi un sentiero diverso da quelli dei vari turisti e backpackers. E' bastato girare un paio di vie e mi sono trovato in un mercato all'aperto che sembra uscito dall'incubo di un'ispettore dell'ufficio igiene.
Vi dico solo che non c'e' l'ombra di un frigo e che ho dovuto passare di corsa, fra i conati, il reparto carni. Ho trovato pace nel reparto cioccolata, dove vendono un 100% di cacao Inca duro e puro che mi iniettero' in vena nelle prossime ore.
Ho fatto due chiacchiere con la simpatica signora che mi ha venduto la zuppa da trenta centesimi, che non scordero' finche' campo, (anche perche' non la digeriro' mai). Mi ha chiesto se l'Italia e' come Cuzco o e' piu' avanzata, e se la vita e' cara come qui, dove le case hanno raggiunto cifre sbalorditive (circa 2500 euro.)
Con quello che ho visto in quel mercato Salgado ci avrebbe fatto un libro, ma non me la sono sentita di scattare foto come in uno zoo.
Ora vado a visitare il museo Inca, sempre se non svengo in mezzo alla strada, o mi viene un infarto, o un'embolia. Quest'ultima frase era solo per tranquillizzare i miei.
A proposito! Non ve l'ho detto, ma sono stato in ospedale. Una spina che mi porto da Los Roques continuava a darmi fastidio e sono stato in clinica. Putroppo niente amputazione, anzi, un'efficienza cosi' noiosa da privarmi della possibilita' di raccontare qualche gustoso aneddoto terzomondista.
Vi saluto, coninuo a immergermi nel colore locale. Spero di sopravvivere.

GRANDI EMOZIONI: All'ennesimo "Tu sei italiano?" ho risposto "No, vengo da Albania."
Commento: "Ah! In Iraq"
P.S. Ho trovato moglie! Yolanda, 20 anni, alta come Yoda. Dice che non e' mai uscita da Cuzco e vorrebbe viaggiare. Mi ha venduto una deliziosa macedonia, e sento che e' fatta per vivere a Porta Romana!

lunedì 11 dicembre 2006

LIMA

Un cielo reso costantemente grigio dall'inquinamento, palazzi dignitosi ma anonimi, gente che corre di qua e di la' per fare regali, e ovviamente peruviani ovunque: piu' che Lima sembra piazza Duomo.
Giorni tranquilli, in attesa di salire a Macchu Picchu. Unico momento lentino, un simpatico terremoto che mi ha svegliato stamattina.
Shake! Baci.

GRANDE EMOZIONE: Mi sono sempre chiesto se oltre allo zero assoluto, cioe' la temperatura piu' bassa concepibile secondo le leggi della fisica, esistesse anche una temperatura massima che la materia possa raggiungere. La risposta e' affermativa: la temperatura massima raggiungibile nell'universo e' quella del pollo arrosto che mi hanno servito ieri sul lungomare. Se avessi usato le posate, non avrei piu' l'uso della parola. Per fortuna sono un incivile, non uso le posate, ed ora sono semplicemente privo di impronte digitali.

sabato 9 dicembre 2006

LOS ROQUES 3

A parte il fatto che ho visto tanti e tali pesci da non aver piu' bisogno di bellezza in vita mia, a parte il fatto che ho passato giornate nelle spiagge piu' belle del mondo, a parte il fatto che ero servito e riverito, a parte il fatto che ho nuotato come un pesce, mangiato come un porco e dormito come un ghiro (anche per i miei standard: botte da dieci-undici ore filate, e senza sogni!), sono stati cinque giorni cosi' cosi'.

L'emozione piu' grande e' vedere i propri sogni realizzati, e scoprire che le emozioni erano proprio come te le aspettavi, e non esserne delusi. Ancora non conoscevi quei posti, ma aspettavi nel cuore quelle sensazioni, e quando le hai provate hai capito che erano i posti che aspettavi di vedere da una vita.

Saluti. Sto partendo per Lima, dove mi aspetta la mia futura moglie alta un metro e quaranta.

P.S. Per Lucilla: tutti froci col culo degli altri, eh? Vacci tu a prendere i colpi! Quella notte ne hanno fatto fuori 12!

LOS ROQUES 2

"Vedi Paolo, io mi considero un mediocre, un mediocre in tutto. Mi guardo intorno, vedo quello che ho e mi chiedo Che ho fatto per meritarlo? Nulla, e' la risposta. L'unico rimpianto che ho e' di essere stato in Italia fino a 29 anni. Ma credimi, non bisogna fare chissa' che. Basta partire, poi e' tutto in discesa. Credimi, qui si vive di nulla, non c'e' la fregatura, inutile che continui a chiedermela. Solo mollare tutto e partire. Perche' non lo si fa? Non so, ma i salmoni si fanno 10.000 km pur di tornare a casa. Qualcosa ci sara'."

Difficile ammettere che non c'e' bisogno di vincere al Superenalotto per fare tutte quelle cose che ti sei ripromesso di fare se vinci al Superenalotto.

martedì 5 dicembre 2006

LOS ROQUES

Evidentemente sono morto. E nella mia vita mi sono comportato bene perche' sono in Paradiso. 48 ore fa ero nella nebbia, ora sono SCOTTATO! CHE BELLO!
Non tornero' mai piu' in Italia. Il mare e' piu' bello della Sardegna, e in piu' senza Briatore. Certo, ci sono molto Italiani e quasi tutti coppiette in viaggio di nozze, cosa che mi da' un po' di voltastomaco.
Sto bene, sto bene, sto bene. Sono felice. Non faccio un cazzo e prendo il sole. Insomma, sono nel mio. Vi amo tutti, addio per sempre.

CARACAS

Alle 16.30 ora locale mettevo il piede a Caracas, prendendo immediatamente possesso del continente in nome delle Santissimi Maesta' Cattoliche Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, come facciamo sempre noi Genovesi la prima volta che arriviamo in America. Il viaggio e' stato lungo e sarebbe stato noioso, se non fosse stato reso movimentato dalla mia vicina, una specie di Sora Lella peruviana, che terrorizzata dall'aereo mi si aggrappava al braccio strattonandomelo ogni volta che c'era un benche' minimo vuoto d'aria (quasi sempre mentre dormivo), e sbraitando quelle che penso fossero invocazioni a divinita' Maya. Invocazioni prontamente bilanciate dalle mie immediate e convintissime bestemmie.
Immediatamente deportato nel mio albergo con vista sul mare, essendo io rozzo e cinico non riuscivo a goderne il lusso sfrenato, in quanto distratto dalla fogna a cielo aperto subito sotto le finestre di camera mia. D'altronde non c'era il rischio di aumentare la puzza aprendo la finestra, in quanto la finestra era chiusa permanentemente col lucchetto per - diceva un cartello - "ragioni di sicurezza". La finestra era la settimo piano.
Ho provato a uscire a scoprire la citta', ma alla reception mi hanno detto che era "peligroso", tanto piu' che hanno appena eletto Chavez e il popolo festeggia. Ovviamente appena l'ho saputo sono corso in camera mia a indossare una maglietta rossa per unirmi al giubilo popolare, tanto piu' che alle mie orecchie gia' arrivavano i primi mortaretti.
Poi ho aguzzato bene le orecchie: NON erano mortaretti. Ho ritenuto piu' saggio starmente in albergo. I miei rischi li ho comunque corsi lo stesso mangiando il guacamole, che qui in Venezuela credo usino per il controllo delle nascite: una cucchiaiata e non puoi avvicinarti a nessuno per un mese.

GRANDI EMOZIONI 1: In Sudamerica quando si atterra si usa ancora applaudire. Che bello!

GRANDI EMOZIONI 2: In Sudamerica il tecnico dell'IT si presenta con la borsa degli attrezzi da meccanico, con cacciavite, chiave inglese e tutto il resto. Non ho potuto collegarmi dall'albergo: ne deduco che il computer fosse ingolfato.

Ok non stiamocela a raccontare: il tempo fa schifo, tutti mi guardano malissimo e io ho paura di passare di albergo in albergo, sempre tappato dentro, con nessuno che parla l'inglese. Mi guardo allo specchio e mi dico "Ma che cazzo ci faccio io qui?"

(Cielo, quanto soffro a non avere una tastiera con gli accenti e a dover mettere questi orrendi apostrofi.)

lunedì 27 novembre 2006

DEDICA


TUA la presenza nella giuria che mi ha fatto vincere molto più di un viaggio: un periodo della mia vita è CHIUSO, un altro inizia. la vacanza finirà, ma per la mia anima è un viaggio SENZA RITORNO. altro che TERZO mondo, grazie a te lascio un inverno di asfalto e CATRAME. suona la sveglia, DEN DEN DEN: è tempo di partire.

sto per realizzare il mio più antico sogno: la mia gratitudine per te è indicibile, incommensurabile, INNOMINABILE.