sabato 27 gennaio 2007

BUENOS AIRES 4

Quando leggerete questo messaggio probabilmente io saro' in cielo, anche se detto cosi' non mi suona benissimo. Alle 18:20 atterrero' alla Malpensa, in tempo per correre a casa a farmi una scorpacciata di pasta, visto che non ne mangio da due mesi.

Il mio viaggio finisce, e con lui questo blog. Colgo l'occasione per ringraziarvi: i vostri commenti e le vostre mail non mi hanno fatto sentire mai solo. Mando anche un grazie speciale alla grande sorella Francesca. Putroppo non sono riuscito a raccontare davvero tutto: non vi ho detto di quando ho visto una tizia prendere a pugni due poliziotti a Manaus e i due poliziotti, senza fare una piega, massacrarla a manganellate; di quando sono andato a godermi un tramonto ad Ipanema e ho capito troppo tardi di essere finito nella spiaggia gay; di quando mi sono finto un tenente degli Alpini esaltato, solo per riuscire a farmi vendere una t-shirt che non sarebbe stato legale acquistare; del pesce che servono a Leticia, pesce che misteriosamente ha le ossa e non le spine; di quando un guardiano notturno a Lima mi ha aggredito verbalmente ed io, impazzito, gli ho gridato contro l'Infinito con tono incazzatissimo, ottenendo le scuse del poveraccio...

Ora in fondo in fondo non vedo l'ora di tornare a tutte le piccole, care, familiari abitudini che tanto mi mancano, come percorrere la strada della mia citta' che percorro per andare al lavoro: la strada, sempre quella; la citta', sempre quella; il lavoro, sempre quello. Gia', non vedo proprio l'ora.

Viaggiare e' stato davvero bello, ma la cosa piu' bella di tutte e' tutto quello che c'e' tra il "Chissa' che succedera' oggi?" del mattino e il "Pero', che giornata che e' stata!" della sera. Rivivere la quotidianita' serve solo perche' e' l'unico modo per dare risposte a domande come "Avro' imparato qualcosa?", "Come saro' cambiato?", "La mia vita sara' piu' serena?", e la domanda piu' importante di tutte: "E ora quanti lustri dovro' lavorare prima di poter avere altre ferie?"



Sto tornando, gente. In tutti i sensi.

BUENOS AIRES 3

La mia ultima serata a Buenos Aires e' stata resa meno malinconica da Hugo e Norma, genitori di un mio collega nonche' squisiti anfitrioni, che mi hanno prima scarrozzato in giro per la citta', poi mi hanno fatto sentire meno caprone parlandomi di Borges e Pavese, infine mi hanno pazientemente portato a vedere uno spettacolo di tango. Curioso come il ballo che e' il simbolo dell'Argentina, e forse l'unico elemento culturale autenticamente e totalmente argentino, si possa vedere ad alto livello solo in spettacoli per turisti. Ancora piu' curioso come, dopo aver visto numeri da Las Vegas, camerieri grugnenti, turisti flashanti, "Don't Cry for me Argentina" spacciata come musica autoctona (a mio parere rappresenta invece la vera e comprensibile ragione per la guerra delle Falkland, avendola composta un inglese) ed eseguita in un tamarrissimo sventolio di bandiere argentine e volo pezzetti di stagnola tipo finale di Champions' League, posso dire che lo spettacolo mi e' comunque piaciuto molto. Forse perche' i numeri di vero tango erano davvero eccezionali. E credetemi, il tango e' davvero eccezionale: e' forse l'unico ballo nel quale i ballerini maschi possono ballare bene pur sembrando comunque eterosessuali.
Quanto alle ballerine femmine, putroppo non posso fare alcun commento: questo sito e' aperto a tutti, potrebbe leggerlo un bambino. E nessuno dei commenti che farei puo' essere letto da un bambino.

venerdì 26 gennaio 2007

BUENOS AIRES 2

Se volete una conferma del fatto che le Brasiliane siano le donne piu' belle del mondo, non dovete far altro che andare a Rio.
Se invece volete confutare questa affermazione, non dovete far altro che venire a Buenos Aires.
Le Brasiliane si tingono i capelli.
Le Argentine se li fanno crescere.
Le Brasiliane ridono sempre.
Le Argentine sorridono sempre.
Le Brasiliane fanno vedere.
Le Argentine fanno intuire.
Le Brasiliane ti guardano.
Le Argentine si fanno guardare.
I gusti sono gusti, ma per quanto mi riguarda non c'e' storia: le chicas stracciano le garotas.

BUENOS AIRES

Dopo quattro ore di volo (non del tutto a mio agio: avevo a fianco un ufficiale in divisa. Sapete com'e': un aereo argentino, con un militare li' vicino...) eccomi a Buenos Aires. Che dire: qualunque cosa stiate facendo, mollate tutto e trasferitevi qui. Questo posto e' la citta' piu' citta' che abbia visto.

giovedì 25 gennaio 2007

USHUAIA 3

Sara' la pioggia?
Ushuaia che e' una mezza ciofechina?
O lunedi' che si avvicina implacabile?
Sono di umore nervosetto.

Per fortuna mi ha tirato su di umore la mamma al telefono, con parole di speranza e conforto:
"Non t'illudere, Paolo. Questo viaggio non servira' a cambiarti. Ti rimarra' qualche bel ricordo, ma in poco tempo il tran tran ti ingoiera' di nuovo e tornerai quello di sempre. Non si sfugge."

mercoledì 24 gennaio 2007

ANTEPRIMA



Sempre peggio.

ANTEPRIMA



Funziona!

ANTEPRIMA


Vediamo se riesco a caricare qualche foto.

USHUAIA


Stamattina siamo sbarcati, dopo l'addio finale del Capitano, che ci ha detto quanto siamo stati fortunati per aver trovato un tempo cosi' bello. Ho rischiato di finire in prigione per capitanicidio.
Ora passeggio per Ushuaia. Non credo faro' una delle escursioni che mi offrono per strada. Mica per altro, ma comincio ad essere un po' stufo di camminare nei boschi patagonici, la cui vegetazione, quando non e' fatta di lenga e ñire, e' fatta di ñire e lenga (peraltro quasi identici fra loro). Mi godo la strana atmosfera di questa citta', una specie di Savona desaturata con abitanti che sembrano tutti serial kiler. E, tanto per cambiare, c'e' un vento che ti si porta via.

martedì 23 gennaio 2007

USHUAIA

La buona notizia e' che ho visto gli elefanti marini, immense vesciche di lardo, rugosissime, con occhi acquosi e poco intelligenti.
La cattiva notizia e' che la stessa descrizione calza perfettamente anche alla maggior parte delle passeggere della mia crociera.
Non che sperassi in un ostello della gioventu' galleggiante, ma anche se avessi avuto il doppio dei miei anni sarei comunque stato nella fascia "giovanissimi".
Appena imbarcati, il gemello del cantante dei Bee Gees ci ha annunciato il programma: ho deciso di seguirlo tutto, come tappe di una crescita spirituale zen. Non che le escursioni non fossero interessanti, anzi. Ma era il programma a bordo a terrificarmi. La prima sera ho contato 51 applausi, tra presentazione degli ufficiali di bordo, applausi per ciascuna delle diciotto nazionalita' presenti a bordo e amenita' varie. Ho applaudito sempre, sorridente, soprattutto quanto hanno detto che l'alcool a bordo era gratis e quando hanno detto che la seconda serata ci sarebbe stata una sfilata di moda. E, da che mondo e mondo, sfilata di moda vuol dire modelle, anche se non era ben chiaro dove fossero nascoste.
Ho sorriso un poco meno quando ho scoperto che la mia cabina era la 201, la cabina di prua. Una cabina tre volte fortunata:
-perche' sapevo sempre quando l'ancora saliva o scendeva, grazie al delicato fruscio della catena un metro dalla mia testa.
-perche' potevo godermi in pieno il beccheggio della nave su uno dei mari piu' agitati del mondo.
-perche', oltre ad essere agitato, e' un mare freddo. Questo vuol dire che almeno un paio di volte a notte venivo svegliato dal rumore di un blocco di ghiaccio che si schiantava contro la paratia (cioe' contro la parete della mia cabina). Che non e' proprio simpaticissimo, specie se hai visto Titanic e hai una fervida immaginazione tendente al catastrofismo.
Il secondo giorno abbiamo avuto tempo bellissimo, e alla sera non vedevo l'ora di vedere le modelle, finche' non e' venuto il cameriere in sala a chiedere se non ci fossero volontari per... Insomma, i modelli eravamo noi. E se la cosa non fosse stata abbastanza fantozziana, ho ricevuto pressioni fortissime per sfilare. Un po' perche', vista la media, il mio status era piu' o meno quello di Bronzo di Riace (credeteci o meno, ma piu' di una signora si e' premurata di farmi sapere il numero della sua cabina), un po' perche' si dava per scontato che io sapessi sfilare, in quanto proveniente dalla Capitale della moda. Non ce l'ho fatta: forse non ero abbastanza sbronzo, forse non avevo almeno un paio di occhi amici nei quali trovare conforto, forse semplicemente non SI PUO' sfilare davanti a centoventi sconosciuti pensionati. Mi sono ritirato in cabina, a leggere un libro sulle torture nel carcere di Ushuaia, e forse ho salvato quel briciolo di dignita' che mi resta. Non vi racconto il bingo, l'asta per la carta di navigazione, i compleanni festeggiati ogni giorno.

Ma la giornata topica era oggi, la giornata di Capo Horn. Alle 4 del mattino mi ha svegliato il mare: usciti dal canale, navigavamo in mare aperto, e le onde erano cosi' furiose che letteralmente mi rigiravano nel letto. Alle 6 e mezza tutti in piedi a vedere il Capo: credetemi, e' veramente un isolotto tetro e squallido, e se non fosse il punto piu' a Sud prima dell'Antartide non se lo filerebbe nessuno. Il resto della mattinata e' passato all'insegna di un bianco mai visto: non quello dei gabbiani, ne' delle nuvole, ne' il bianco della spuma delle onde. Il bianco mai visto di cui parlo e' quello del colorito che avevo, mentre rantolavo nel letto della mia cabina tentando di non vomitare, chiedendo pieta' a Poseidone, maledicendo Cabo Horn, me stesso, Cristoforo Colombo, e riproponendomi di passare tutte le mie vacanze future in una tranquilla localita' termale. Siamo rientrati in un canale solo a mezzogiorno, mettendo cosi' fine a una specie di ciclo completo di lavatrice di otto ore. Non vado piu' nel dettaglio perche' mia madre soffre il mal di mare e solo a leggere queste righe sara' gia' svenuta per empatia. Nel pomeriggio mi sono lentamente ripreso, nonostante un forte mal di testa che ho avuto l'astuta idea di combattere aggregandomi alla visita della sala macchine, luogo notoriamente silenziosissimo.
Ultima cena con champagne e un altro megatone di applausi vari, con riffa finale del vessillo di prua della nave. Ho scelto il "mio" numero 74, e il Culo Lentini ha colpito ancora.
In cabina ho trovato, come tutti, una specie di Diplomino che certifica il mio passaggio a Capo Horn: e' una cagatina da turisti, ma sento di essermelo meritato come se avessi doppiato il capo timonando personalmente un galeone.
Abbiamo attraccato a Ushuaia, anche se non si puo' uscire dal porto: domattina sbarcheremo definitivamente e passero' un giorno e mezzo in quella che si vanta essere la Fine del mondo.

Baci a tutti.

sabato 20 gennaio 2007

PUNTA ARENAS

Penso che a Punta Arenas mi faranno un monumento.
Sto per lasciare la Patagonia. Oggi mi imbarchero' per una minicrociera di quattro giorni che mi portera' dritto dritto a Ushuaia.
L'atmosfera e' irreale, grazie a una luce costante ma bianca, fredda. Una luce che non sembra venire dal sole. Punta Arenas e' un posto abbastanza tristanzuolo, e la quantita' di macchine palesemente truccate che circola mi fa supporre che i ragazzi del posto non abbiano altro da fare che sgommare su e giu' per questi stradoni polverosi. Basta poco per creare un po' di novita' e buonumore. Ecco perche' penso che mi faranno un monumento: perche' ieri sera, a cena, quando ho ordinato ho fatto confusione, e invece del piatto di "camarones" (gamberi) ho chiesto un piatto di "maricones" (froci). Ovviamente ho peggiorato le cose chiedendo se fossero belli grossi e caldi.
Il cameriere, quando si e' ripreso, l'ha ripetuto a voce alta: rideva tutto il ristorante, rideva tutta Punta Arenas, rideva tutta la Patagonia, mentre io tentavo di far cadere posate per terra per avere una scusa per andare sotto al tavolo e restarci.
Oggi ho salutato il gruppo con cui ho condiviso qualche migliato di chilometri di sterrato, e in particolare i due romani, maestri di vita e di seduzione ("Stamo tutte le sere a Fontana de Trevi come gl'avvortoi: dai e dai 'na chiattona russa a rimedi. Ir difficile e' arriva' pe' primi quann'aprono l'autobusse").
Ci risentiamo dalla Terra del Fuoco, se un'orca non mi divora prima. Baci a tutti.


GRANDI EMOZIONI: il piatto di camarones e' risultato poi essere quello che in Italia chiameremmo "gamberoni alla parmigiana": gamberi sepolti sotto un mare ardente di sugo e formaggio.

GRANDI EMOZIONI 2: piu' che emozioni, quasi un infarto: quando la guida ha annunciato, secco ma deciso, che avremmo dovuto dare all'autista "ALMENO cinquanta dollari americani di mancia", ovviamente a testa. Dopo le varie altre mance alle guide montane. E, sottinteso, mancione finale alla guida stessa, in proporzione. Avrei dovuto tirare fuori circa 120 euro. Non so se e' per il tono sbrigativo, o per il fatto che abbia specificato la valuta, ma mi ha lasciato un po' cosi', anche perche' gia' riceve uno stipendio. I due romani sfogliavano disperatamente la loro guida Lonely Planet, cercando un comma cui aggrapparsi, o un modo per uscirne dignitosamente ("Che famo? Non jeli damo? Mica potemo fa li pidocchiosi"). Essendo invece io automaticamente pidocchioso causa citta' di provenienza, ho dato 50 pesos all'autista e 100 alla guida, e tanti saluti.

Mi aspetto ora da qualche amico cinefilo una dissertazione sulla canzone "Like a virgin".

giovedì 18 gennaio 2007

TORRI DEL PAINE 2

Oggi sono stato finalmente rimorchiato. Letteralmente, purtroppo: il nostro minibus si e' impantatanto in una zona mezza alluvionata e una jeep ha dovuto tirarci fuori dopo che il filtro della nafta e' stato rimosso, qualunque cosa sia un filtro per la nafta.
Oggi e' stata l'ultima e piu' dura giornata di trekking: cosi' dura che la nazionalita' piu' frequente tra quelli che incontravo era Israele. Gli Israeliani sono facili da riconoscere: hanno uno zaino da quattro metri cubi ciascuno, scarpinno come matti, hanno l'aria di chi non si diverte per nulla, e se per caso gli dici "Shalom" in Patagonia ti guardano come se avessero appena incontrato il loro gemello perduto da vent'anni.
Domani si riparte verso Punta Arenas, dove poi mi imbarchero' per Puerto Williams, Capo Horn e Ushuaia. Tutti nomi che mi fanno sbavare, anche se sapere che c'e' gia' stato Jovanotti toglie un po' di bellezza al tutto.


GRANDI EMOZIONI: L'ultima cosa al mondo che pensavo di sentirmi dire, mi e' stata detta dalla nostra guida: "Paolo, hai mai pensato di fare la guida? Sei bravo a risolvere problemi, hai spirito di adattamento, un'eccellente cultura generale e soprattutto si vede che HAI UN GRAN TALENTO NEL TRATTARE CON LE PERSONE."
Sono proprio in un altro mondo.

mercoledì 17 gennaio 2007

RITRATTO

Arlene, 62 anni, pensionata della South Carolina. Ex funzionaria del Corpo Diplomatico USA, il che in teoria fa di lei il Male. Ma ha viaggiato un sacco, sopporta i disagi senza mai lamentarsi e si scusa ogni volta che qualcuno nomina Bush. Mi e' SIMPATICA, anche se mi mette in imbarazzo chiedendomi come abbiamo fatto noi Europei ad accettare una cosa orribile come i Mc Donald's a casa nostra.

TORRI DEL PAINE, CILE

Se si esclude il contenuto di un minuscolo bikini bianco a Copacabana, finora lo spettacolo naturale che piu' mi ha emozionato erano state le cascate di Iguazu'. Ma dopo il ghiacciaio di Perito Moreno ho dei dubbi sul primato.

Immaginate la facciata di un palazzo alto venti piani, ma largo quattro chilometri. Immaginate che la facciata sia fatta solo di guglie di ghiaccio, con tutte le sfumature di colore dal bianco al blu cobalto. Immaginate che dietro la facciata ci siano altri trenta chilometri di ghiacciaio, e che questo mostro avanzi continuamente, e che ogni tanto vi capiti di vedere una di queste guglie staccarsi e precipitare nel lago sottostante con un rumore come di immane peto celeste. Immaginate, infine, che la vostra guida sia stata cosi' lungimirante da trascinarvi giu' dal letto alle sei e mezza pur di mettervi in condizione di ammirare tutto questo nel silenzio piu' totale.


Questo e' il ghiacciaio Perito Moreno, uno di quegli spettacoli di fronte ai quali domande fondamentali della vita raggiungono la loro piena dimensione, domande come "Nel Grande fratello 7 ci sara' o no la ballerina di lap dance?"


Il resto e' viaggiare, viaggiare, viaggiare, sempre piu' a Sud, e sempre piu' al gelo. Ormai ho il burro di cacao costantemente in bocca, tipo sigaretta di Humphrey Bogart, e penso che ammalarmi sia solo questione di pochi giorni. Meno male: mi seccherebbe essermi portato tutte quelle medicine per niente.

Si sbadiglia quando si incrociano nandu' e guanachi, sempre piu' spudorati nello stare vicino alla strada, nel vano tentativo di attirare l'attenzione. Piu' interessante l'incrocio con le pecore locali, che sembrano disegnate da Botero, con qualche volpe, armadillo, puzzola, condor, e qualche - sempre piu' raro - esemplare di essere umano.

La sera abbiamo dormito in una fattoria con 20.000 pecore e altrettanti ettari di terreno (e da queste parti e' considerata una PICCOLA fattoria), talmente isolata che il proprietario ha aperto un agriturismo pur di vedere qualche faccia nuova. Per cena ho sbafato un agnello divino, io che odio l'agnello, e ho seriamente rischiato un'indigestione di splendide fragole patagoniche. Ora sono nell'ennesimo posto meraviglioso, di fronte ad un altro tramonto incredibile. Umpf, che noia.

lunedì 15 gennaio 2007

CALAFATE

Volete sapere perche' quest'inverno sembra che il freddo non arrivi mai in Italia? Ve lo spiego subito: per una serie di complesse leggi della fisica, tutto il freddo dell'universo si sta concentrando in un unico punto, e cioe' la stanza 18 dell'hotel Austral della citta' di Calafate, nella Patagonia. Inutile dirvi chi ci dorme.
Benvenuti a Calafate, citta' di passaggio per turisti, con poche migliaia di abitanti, ma che al confronto di El Chalten sembra Hong Kong. A proposito di El Chalten, oggi ho aperto il pacco della lavanderia e ho scoperto che il mio amore verso il piccolo centro patagonico e' ricambiato: evidentemente impietositi dal basso livello del mio guardaroba, infatti, i Chaltenesi hanno pensato di integrarlo con una polo, una convincente imitazione di Ralph Lauren. Questo mi fa dispiacere ancora di piu' nell'aver dato loro una piccola delusione ieri sera quando, durante un'animata discussione con alcune guide in un bar, ho spiegato come fosse errata la loro fermissima convinzione che la pizza (qui pronunciata "pissa") prenda il nome dalla citta' di Pisa.

domenica 14 gennaio 2007

EL CHALTEN

Piu' che una citta', un enorme campo-base per alpinisti ed escursionisti estremi. Tutto viene portato da fuori, e intorno ci sono solo montagne. Alla sera non c'e' nulla da fare e se non hai la faccia scolpita nel legno e indossi qualcosa di piu' della t-shirt, a prescindere dal freddo, non sei nessuno. Quattro anni di trekking mi consentono un minimo di credibilita' sui sentieri e un qualche rispetto da parte delle guide, (specie rispetto agli ineffabili romani, intabarrati come alpini in Russia, sempre piu' simili a Toto' e Peppino e sempre piu' involontariamente immaginifici nel mescolare romanesco a spagnolo. Ultimo capolavoro: "Dondepodemosvederlosgols?")
Tutto qui e' roccia, polvere, stanchezza e vestiti poco puliti.
Si parla solo di rocce, animali, nuvole, gente precipitata, vento.

Sono felice.

venerdì 12 gennaio 2007

AI PIEDI DEL FITZ ROY

Dunque, di solito funziona cosi': ti chiedono di dove sei, tu gli dici "Italiano", e loro commentano "Ah, Cannavaro!". In alternativa "Ah, Materazzi!", o "Ah, Berlusconi!" o "Ah, la Ferrari!". E' un approccio-simpatia standard, che dovrebbe farti sentire quanto il mondo in fondo e' piccolo e sei vicino a casa.

L'altro giorno, solita domanda, solita risposta. Ma il commento e' stato "Ah! Ornella Muti!"
Questa e' la Patagonia, dove anche gli approcci-simpatia standard ti fanno sentire quanto il mondo e' grande e quanto sei lontano da casa.

Sto percorrendo ogni giorno centinaia di chilometri (sempre senza asfalto, scusate se lo ripeto, ma il mio sedere insiste perche' io vi faccia condividere le sue sofferenze) in un posto sempre piu' allucinante, in un viaggio sempre meno Muccino e Salvatores e sempre piu' Sergio Leone e Easy rider. Il vento soffia tanto, sempre e da tutte le direzioni, rendendo inutile alzare la voce (non ci si sente comunque), ma decisamente molto avventuroso fare pipi' per strada. E soprattutto e' un vento che ti sballa le distanze, perche' rende l'aria cosi' tersa da farti sembrare vicino cio' che magari e' a centinaia di chilomentri. Fissi una nuvola fuori dal finestrino, mentre l'unica novita' della sterminata pianura e' quando incroci un nandu' o un'altra auto. Dopo un'ora non e' cambiato assolutamente nulla. Dopo trenta secondi sei dentro un canyon e non capisci come accidenti ci sei finito, ma nel frattempo sei sceso dal minibus e stai guardando centinaia di mani dipinte sulle rocce diecimila anni fa e tutti quelli che sono con te continuano a parlare, ma e' come quando si e' al buio e si parla per sentirsi vicini e non avere paura, perche qui c'e' davvero qualcosa di inquietante e troppo, troppo potente per noi.

E' un posto dove facilmente si puo' dar fuori di matto: per fortuna con me ci sono anche due bancari romani assolutamente strepitosi("Dondandamosogi?" "Elvinoessinsero?" "Mesientomuchogaucho!" "Famosenafotocornandu'!") che mi tengono coi piedi per terra, per ora. Ma un posto del genere farebbe venire strane idee a chiunque, figuratevi a uno come me, che pensa ai massimi sistemi anche quando mette le mutande in lavatrice.
Se tutto si ridurra' a mettermi a leggere Sepulveda, vorra' dire che non ho capito un cazzo della vita.

P.S. Comunque finora e' Nandu'13 - Automobili 11: quando avvisti piu' nandu' che auto, e' un altro segnale che sei davvero lontano da casa.

lunedì 8 gennaio 2007

PERITO MORENO

Ed eccomi finalmente in Patagonia.Un luogo spazzato dal vento e spaccato dal sole, un vuoto infinito dove tutta la natura parla di desolazione e oppressione: ovviamente mi ci sono trovato subito a mio agio. Viaggio su un pulmino, con altri quattro disperati piu' la guida, e sono reduce da cinqucento chilometri su quella che chiamerei banalmente una lingua d'asfalto. Se solo ci fosse stato, l'asfalto.
Siamo stati in un posto pazzesco chiamato Sarmiento, che si potrebbe definire lunare, se le rocce della luna avessero cento colori diversi. Al tempo dei dinosauri qui c'era una foresta, e col tempo la materia inorganica ha sostituito quella organica, con la fossilizzazione. Risultato: decine di tronchi, perfetti fin nelle venature piu' piccole, che pero'non sono piu' di legno, sono di roccia. E' la Foresta Pietrificata, uno spettacolo pazzesco. Mi chiedo come i Pink Floyd non ci abbiano fatto un concerto.
Dopodiche' siamo andati avanti, avanti, avanti, finche' assolutamente all'improvviso, senza un perche', la strada e' diventata d'asfalto, sono spuntati alberi (veri), una citta' in mezzo al nulla e, udice udite, fa un freddo porco, sensazione che non provavo da Milano.
La Patagonia e' strepitosa, da cartolina: a proposito, chi vuole una cartolina? Scrivetemi il vostro indirizzo a paololentini@hotmail.com.
Ora vi saluto, scrivere su questa tastiera e' una tortura e sono le undici di sera, a quest'ora e' QUASI BUIO.

Grandi emozioni: la cucina argentina, vuoi per radici culturali, vuoi per clima affine, tende ad imitare quella europea, spesso con ottimi risultati, ma con nomi leggermente diversi per evitare grane legali. Il mio primo pranzo in Patagonia e' stato a base di "mottadello" e "camemberto".

Grandi emozioni 2: sapete perche'questo posto si chiama Perito Moreno? Perche' e' stato dedicato al tizio che ha tracciato una parte di confini argentini, un certo Moreno, che era, appunto,perito. Giuro che e' vero.

Grandi emozioni 3: All'aeroporto di Buenos Aires mi hanno fatto aprire il taccuino per dare un'occhiata. Hanno chiesto, suppongo per la mia grafia, se fosse scritto in ebraico.

sabato 6 gennaio 2007

IGUAZU' 2

Mattina dedicata alla parte argentina delle cascate. Manca l'effetto sorpresa, ma e' comunque una meraviglia, e ovviamente tutta quell'acqua crea un microambiente con piante e bestie strane e affascinanti, come il simpatico Tasso nasuto dalla coda procionosa (nome inventato, ovviamente: in Sudamerica tutti gli animali hanno nomi tipo curucu', piripi', trallala'.)

A pranzo ho vissuto una traumatica avventura gastronomica, in quella che le guide definiscono la migliore churrascaria in citta. Funziona cosi': entri e prendi un po' di normale insalata al buffet. Pomodori, lattuga, fagiolini.

Ti siedi, e ti portano quello che in Brasile e' un contorno standard: patatine fritte, yucca fritta, banane, ovviamente fritte, un digeribilissimo pane all'aglio, burro non si sa bene per cosa, e la solita quintalata di riso in bianco.

Dopodiche' si comincia: un impeccabile cameriere si presenta con uno spiedo, e allo spiedo e' attaccato un pezzo di carne alla brace. Il cameriere ti spiega brevemente di che taglio e bestia si tratta (potrebbe essere "la parte migliore del filetto" come "la prostata di mio suocero"), poi con un quasi-machete ne taglia una porzione equivalente a una bistecchina e te la mette nel piatto.

Prima che tu finisca di gustare il pezzo, si presenta un secondo cameriere con spiedo, e un nuovo pezzo di carne. Anche lui spiega di cosa si tratta, e te ne mette un po' nel piatto. Tu allora ne assaggi subito un boccone, finche' e' bello caldo, con l'idea di finire la prima bistecchina subito dopo. Ma non hai finito ne' la prima ne' la seconda, che arriva un terzo cameriere. Spiegazione e assaggio. Non puoi dirgli di passare dopo, perche' fa il giro dei tavoli con lo stesso spiedo. Cominci ad accellerare. Al sesto assaggio (li ho contati) hai rinunciato al contorno: non puoi permetterti di perdere tempo con dei pomodori, quando i camerieri incombono. Al decimo , ti succede di avere due camerieri IN CODA, uno dopo laltro. Ormai e' un meccanismo infernale, sembra un racconto di Buzzati, ma non puoi smettere, perche la carne e' davvero buona e soprattutto non vuoi sfigurare coi locali. Al dodicesimo ti viene il dubbio che semplicemente non ci sia una fine, che i camerieri verranno fino a che non li blocchi tu, o fino all'estinzione dei secoli. Se e' cosi', allora basta fermare i camerieri a un certo punto. Ma come capire se i pezzi sono continue novita' o sono repliche, visto che in fondo si assomigliano? Finche', al quindicesimo, la tragedia: arriva un pezzo di qualcosa avvolto nella pancetta sfrigolante. Non l'avevi ancora visto, ne sei certo. Questo significa che i tagli sono tutti inediti, che non ci sono ripetizioni. Sei spacciato.

Al ventiduesimo avevo due piatti praticamente pieni di porzioni non mangiate, e ho alzato bandiera bianca, sostendendo a fatica lo sguardo dei camerieri, colmo di disprezzo per lo straniero che non sa reggere un pranzo da uomo. Poi sono uscito, felice di sapere che la' fuori la mia digestione sarebbe stata resa meno scontata da una temperatura di 37 gradi.

(Dedico il racconto di quest'esperienza a mio padre, sperando che non metta mai piede in una churrascaria. Uno come lui, iperteso ed incapace di dire basta, sarebbe spacciato.)

venerdì 5 gennaio 2007

IGUAZU´

A Machu Picchu l´uomo grida agli Dei: Posso essere come voi!

A Iguazu quelli rispondono: Scusa, hai detto qualcosa?




Quello che visto oggi e´ semplicemente indescrivibile. Arcobaleni perpetui che s´incrociano nel fragore delle onde, la pietra tagliata come un diamante dal getto inesorabile, la terra che trema, l´acqua che al momento di precipitare si tinge di verde... No, davvero, dovete vederlo: non si puo´ descrivere, e neppure fotografare, anche se oggi i pollici di tutti fondevano dal gran scattare. Qualche scemo gettava monetine in acqua, ma il re degli imbecilli e´ chi ha avuto la brillantissima idea di fare un giro in gommone, senza sapere cosa sarebbe successo: senza sapere cioe´ che uno scafista coatto, aizzato da una scolaresca di tredicenni cileni ululanti, avrebbe tamarreggiato senza vergogna. Prima "sgommando" controcorrente tra le rapide, poi puntando gli scogli, ed evitandoli con virate all´ultimo secondo, e, gran finale, fermando il gommone SOTTO la cascata, con conseguenze che vi lascio immaginare.

Etciu´.

UN AEROPORTO QUALUNQUE

"Non tutti gli uomini sognano allo stesso modo, coloro che sognano di notte nei ripostigli polverosi della loro mente, scoprono al risveglio la vanita´ di quelle immagini, ma quelli che sognano di giorno sono uomini pericolosi perche´ puo´ darsi che recitano i loro sogni ad occhi aperti per attuarli."


Ho portato con me due libri. Quello piu lungo - 800 pagine - l´ho finito oggi. E´ "I sette pilastri della saggezza" di Lawrence. Mi piace pensare che chi me l´ha consigliato non l´abbia fatto solo per suggerirmi un bel librone di viaggi e avventure, ma volesse farmi cogliere qualcos´altro. Se e´ cosi, la ringrazio.

Il libro sara´ presto abbandonato da qualche parte al suo destino, com´e´ giusto che sia. Ma questa frase l´ho sentita talmente mia che ve l´ho voluta propinare.

RIO DE JANEIRO 3

Ho capito che la storia dei popoli allegri e´ una fesseria. Non esistono popoli allegri e popoli tristi, esistono posti con mare, spiaggia e sole tutto l´anno: e in queste condizioni siamo bravi tutti a essere contenti. Quando questi elementi mancano, credetemi, anche i carioca sono musoni come tutti. (Queste righe possono servire come parziale scusa ai Milanesi.)
Ma non solo: Rio ha, per cosi´ dire, qualcosa di adriatico. Un po´ Rimini, un po´ Bari vecchia. Gli abitanti sono si´ meravigliosamente informali, ma anche alquanto diffidenti, specie verso uno straniero solo, che qui e´ raro da vedere. E´ ironico, ma Rio e´ la citta´ in cui ho avuto piu´ difficolta´ ad integrarmi coi locali.


Ma non mi sono perso d´animo. Ho semplicemente cambiato approccio. Mi sono gettato nell´incredibile traffico del moderno centro (non per nulla il monumento simbolo della citta, la gigantesca statua sul Corcovado, rappresenta chiaramente un vigile urbano) sono andato al museo di Arte Moderna, che prometteva "cio´ che di piu´ cool c´e´ in Sudamerica oggi!", trovando per lo piu i soliti quarti di bue appesi che ci sono in tutte le biennali e triennali, ma soprattutto ho abbandonato la mia predilezione idealista e un po´ sfigata per il cibo da strada e mi sono dedicato ai ristoranti di lusso, con risultati entusiasmanti: un po´ perche´ e´ sempre bello poter entrare in un posto elegante in ciabatte e cerchietto in testa, e nessuno che faccia una piega; un po´ perche´ la spesa di una cena di lusso e´ grosso modo la stessa di una 4stagioni+chiaramedia a Milano; ma soprattutto perche ho fatto scoperte interessanti. La mitica fejoada, innanzi tutto, che non e´ affatto un piatto del popolo come pensavo, e viene misteriosamente servita in porzioni appena accettabili per un´armata napoleonica. I filetti di pesce con pure´ di banane, anche se a leggerlo fa schifo. Quanto agli spiedini di gamberoni con miele alle spezie, che dire, erano eccitanti come leccare... Ci siamo capiti. Scusate la volgarita´, ma e´ esattamente cio´ che mi e´ venuto in mente mentre li mangiavo.

L´ultimissimo pomeriggio, il miracolo di un mezzo raggio di sole ha riempito nel giro di dieci minuti la spiaggia deserta (ma che fanno? Ma di che vivono? Bastardi, quanto li invidio), con tutti che si rotolavano sulla sabbia come sogliole, tranne i bambini che, come in tutto il mondo, non si fanno problemi se il mare e´ gelido.

La sera incontro una specie di John Belushi boliviano con le trecce rasta che mi vuole leggere il futuro. Rifiuto, ma poi si entusiasma quando gli dico che sono scorpione ascendente scorpione (ma secondo me si entusiasma soprattutto per la birra che gli offro.) Tira fuori un mazzo di quadretti con varie divinita´ afrobrasiliane e decide che il mio nume e´ un tizio coperto di paglia, che a me pare Cugino It degli Addams. Invece John Belushi mi dice che e´cattivissimo, e che il mio 2007 sara l´anno della vendetta. Non mi spiega se saro´ io a vendicarmi o se subiro´ la vendetta di qualcun altro. Nel qual caso chiedo umilmente scusa a tutti, per tutto.

L´ultima mattina mi sveglio alle 5 per vedere l´alba. E´ di nuovo nuvolo.

Rio non mi ha amato, ma un giorno sapro´ conquistarla.

mercoledì 3 gennaio 2007

RIO DE JANEIRO 2

Quando hai sei giorni da passare a Rio, e piove per sei giorni ININTERROTTAMENTE, un po` ti girano le scatole. Specie quando la pioggia finisce per minare la leggendaria vitalita` dei carioca. Specie quando il cielo e` cosi` brutto che neanche sali sul Corcovado, perche` tanto vedresti solo nuvole. Specie quando dopo cena sono quasi tutti a casa, e ogni sera vieni preso di mira da qualche simpatica professionista, cui devi spiegare ogni volta perche` mai un italiano che viaggia da solo non sia interessato ai suoi servizi. (A furia di parlare con bagasce e pescatori, mi sembra di essere finito dentro una canzone di De Andre`.)
E cosi` sto passando le mie giornate a camminare e a esplorare, chiedendo dritte agli informatissimi Australiani ed evitando nel limite del possibile gli Italiani, che mi chiedono sempre la stessa cosa (l`indirizzo dell`Help, la pornoteca di Copacabana.) Anche perche` comunque la temperatura non scende mai sotto i venti gradi, e la pioggia non e` mai scrosciante come in Italia.


Ma e` chiaro che Rio mi deve qualcosa. E prima o poi tornero` a riprendermelo.

martedì 2 gennaio 2007

RIO DE JANEIRO

Che un Capodanno senza zampone e lenticchie sarebbe stato un Capodanno insulso, gia´ lo sapevo. Ma non avrei mai immaginato che potesse essere una notte cosi´ dimessa e sottotono. Una serata grigia e piatta.

Tanto per cominciare ha piovuto tutto il giorno, portando la temperatura a livelli bassissimi(*). Di conseguenza in giro non c´era quasi nessuno(**), a parte la solita gente che festeggiava nel solito modo(***). A mezzanotte ho visto un po di mortaretti(****), poi mi sono spostato in un posticino tranquillo tranquillo(*****), dove un´orchestrina di liscio(******) davanti a qualche coppietta(*******) ha suonato un paio di pezzi(********). Tanti saluti e baci in giro(*********) e a nanna. Spero solo che qualcuno mi abbia registrato il discorso di Napolitano, cosi´ lo vedo quando torno.



(*)= 25 gradi

(**)= un fiume umano sterminato, tutti vestiti di bianco.

(***)= a migliaia ballavano la samba, o gettavano fiori propiziatori in mare, oppure imbastivano improvvisati altari rituali sulla spiaggia.

(****)= un´orgia mai vista di colori, con immensi fuochi d artificio, che hanno illuminato a giorno il cielo

(*****)= la spiaggia di Ipanema

(******)= i Black Eyed Peas

(*******)= due milioni

(********)= fino alle quattro

(*********)= soprattutto taaaanti baci. A chi, non ne ho idea.