martedì 23 gennaio 2007

USHUAIA

La buona notizia e' che ho visto gli elefanti marini, immense vesciche di lardo, rugosissime, con occhi acquosi e poco intelligenti.
La cattiva notizia e' che la stessa descrizione calza perfettamente anche alla maggior parte delle passeggere della mia crociera.
Non che sperassi in un ostello della gioventu' galleggiante, ma anche se avessi avuto il doppio dei miei anni sarei comunque stato nella fascia "giovanissimi".
Appena imbarcati, il gemello del cantante dei Bee Gees ci ha annunciato il programma: ho deciso di seguirlo tutto, come tappe di una crescita spirituale zen. Non che le escursioni non fossero interessanti, anzi. Ma era il programma a bordo a terrificarmi. La prima sera ho contato 51 applausi, tra presentazione degli ufficiali di bordo, applausi per ciascuna delle diciotto nazionalita' presenti a bordo e amenita' varie. Ho applaudito sempre, sorridente, soprattutto quanto hanno detto che l'alcool a bordo era gratis e quando hanno detto che la seconda serata ci sarebbe stata una sfilata di moda. E, da che mondo e mondo, sfilata di moda vuol dire modelle, anche se non era ben chiaro dove fossero nascoste.
Ho sorriso un poco meno quando ho scoperto che la mia cabina era la 201, la cabina di prua. Una cabina tre volte fortunata:
-perche' sapevo sempre quando l'ancora saliva o scendeva, grazie al delicato fruscio della catena un metro dalla mia testa.
-perche' potevo godermi in pieno il beccheggio della nave su uno dei mari piu' agitati del mondo.
-perche', oltre ad essere agitato, e' un mare freddo. Questo vuol dire che almeno un paio di volte a notte venivo svegliato dal rumore di un blocco di ghiaccio che si schiantava contro la paratia (cioe' contro la parete della mia cabina). Che non e' proprio simpaticissimo, specie se hai visto Titanic e hai una fervida immaginazione tendente al catastrofismo.
Il secondo giorno abbiamo avuto tempo bellissimo, e alla sera non vedevo l'ora di vedere le modelle, finche' non e' venuto il cameriere in sala a chiedere se non ci fossero volontari per... Insomma, i modelli eravamo noi. E se la cosa non fosse stata abbastanza fantozziana, ho ricevuto pressioni fortissime per sfilare. Un po' perche', vista la media, il mio status era piu' o meno quello di Bronzo di Riace (credeteci o meno, ma piu' di una signora si e' premurata di farmi sapere il numero della sua cabina), un po' perche' si dava per scontato che io sapessi sfilare, in quanto proveniente dalla Capitale della moda. Non ce l'ho fatta: forse non ero abbastanza sbronzo, forse non avevo almeno un paio di occhi amici nei quali trovare conforto, forse semplicemente non SI PUO' sfilare davanti a centoventi sconosciuti pensionati. Mi sono ritirato in cabina, a leggere un libro sulle torture nel carcere di Ushuaia, e forse ho salvato quel briciolo di dignita' che mi resta. Non vi racconto il bingo, l'asta per la carta di navigazione, i compleanni festeggiati ogni giorno.

Ma la giornata topica era oggi, la giornata di Capo Horn. Alle 4 del mattino mi ha svegliato il mare: usciti dal canale, navigavamo in mare aperto, e le onde erano cosi' furiose che letteralmente mi rigiravano nel letto. Alle 6 e mezza tutti in piedi a vedere il Capo: credetemi, e' veramente un isolotto tetro e squallido, e se non fosse il punto piu' a Sud prima dell'Antartide non se lo filerebbe nessuno. Il resto della mattinata e' passato all'insegna di un bianco mai visto: non quello dei gabbiani, ne' delle nuvole, ne' il bianco della spuma delle onde. Il bianco mai visto di cui parlo e' quello del colorito che avevo, mentre rantolavo nel letto della mia cabina tentando di non vomitare, chiedendo pieta' a Poseidone, maledicendo Cabo Horn, me stesso, Cristoforo Colombo, e riproponendomi di passare tutte le mie vacanze future in una tranquilla localita' termale. Siamo rientrati in un canale solo a mezzogiorno, mettendo cosi' fine a una specie di ciclo completo di lavatrice di otto ore. Non vado piu' nel dettaglio perche' mia madre soffre il mal di mare e solo a leggere queste righe sara' gia' svenuta per empatia. Nel pomeriggio mi sono lentamente ripreso, nonostante un forte mal di testa che ho avuto l'astuta idea di combattere aggregandomi alla visita della sala macchine, luogo notoriamente silenziosissimo.
Ultima cena con champagne e un altro megatone di applausi vari, con riffa finale del vessillo di prua della nave. Ho scelto il "mio" numero 74, e il Culo Lentini ha colpito ancora.
In cabina ho trovato, come tutti, una specie di Diplomino che certifica il mio passaggio a Capo Horn: e' una cagatina da turisti, ma sento di essermelo meritato come se avessi doppiato il capo timonando personalmente un galeone.
Abbiamo attraccato a Ushuaia, anche se non si puo' uscire dal porto: domattina sbarcheremo definitivamente e passero' un giorno e mezzo in quella che si vanta essere la Fine del mondo.

Baci a tutti.

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