Cronaca di una giornata qualunque a Salvador.
Sveglia alle otto, colazione e poi appuntamento con Maria, che ieri e´ stata la mia guida, ma siccome abbiamo simpatizzato e oggi deve andare al mercatino per conto suo, mi sono offerto di accompagnarla. Maria e´ una simpatica cinquantenne new age che deve comprare un maiale di terracotta, visto che l´anno prossimo cadra´ appunto sotto l´egida del suino. Andiamo cosi´ al mercato popolare di San Joaquim, una mazzata cromatica e olfattiva. Appena entrati un tizio con trecce rasta fino ai piedi mi chiede se sono interessato a fare una macumba. Non venendomi in mente nessuno da macumbare, declino. La parte piu´ bella del mercato e´ la zona con decine di tipi di frutta, verdura e spezie mai visti prima. La parte piu´ inquietante e´ la zona dei polli, divisi in polli da cucina e polli "per i sacrifici".
Saluto poi Maria e per pranzo mi faccio una bella passarinha, che non e´ quello che qualcuno di voi stara´ pensando, ma in realta´ neppure io so cosa sia. So solo che e´ animale e che, come sempre, mangio tutto finche´ e´ caldo. All´una il caldo diventa torrido, e solo un cretino potrebbe accendersi un sigaro.
Finito il sigaro, vado in pellegrinaggio alla casa-museo di Jorge Amado, qui giustamente venerato, dopodiche´ compro i biglietti per lo spettacolo che Maria mi ha suggerito per stasera, una serie di danze folk. Temo qualche vaccata per turisti, ma mi fido. Dopodiche´ mi perdo nella citta´ vecchia, fino a trovarmi in un quartieraccio poco simpatico. Chiedo a uno spazzino come tornare a Pelourinho, il centro storico, e lui, allarmatissimo, mi raccomanda di andarmene subito dal quartieraccio, "finche´ c´e´ la luce del giorno". Da come lo dice sembra un contadino transilvano che si raccomanda di stare lontano dal castello del Conte, percio´ obbedisco. Quando inizia a farsi sera, prima di andare allo spettacolo penso bene di concedermi una cena abbondante: antipasto (cioe´ una caipirinha), portata principale (cioe´ un´altra caipirinha) e dessert (cioe´ una terza caipirinha). Arrivo al teatro bello pimpante; il teatro e´ molto piccolo, con platea fatta a gradoni, e il palcoscenico molto vicino: quando i ballerini fanno a mazzate con clave di legno, le schegge ci arrivano addosso. Lo spettacolo e´ meraviglioso, di una bellezza primitiva, quasi ancestrale: la sensazione, se ha un senso quello che sto per scrivere, e´ di aver gia´ visto quelle danze, secoli fa. Mi innamoro di tutte le ballerine, una dopo l´altra, e di fronte alla Capoeira resto a bocca aperta. Credetemi, quando e´ fatta davvero bene, fa PAURA.
Esco, ed e´ ormai notte, con l´idea che gli dei africani mi siano vicini, e infatti ne ho subito la prova: incontro due turisti, chiaramente italiani. Jeans, scarpe chiuse e maglia in dentro (in un posto dove tutti vanno in giro e pantaloncini e infradito) gigantesco marsupio in vita. Il bello e´ che mi scambiano per indigeno, e mi chiedono in un quasi-inglese dove trovare garotas, ragazze, con gesti ed espressioni cosi´ laide e viscide che al confronto Riccardi Schicchi lo vorreste come tutore per vostra figlia. Ciliegina sulla torta, uno dei due ha la maglia del Genoa. Di fronte a una simile apoteosi non posso restare indifferente: li indirizzo con entusiamo al quartieraccio di oggi pomeriggio, accompagnandoli addirittura per un pezzo in modo da essere sicuro che ci finiscano nel bel mezzo. Poi festeggio, mangiando finalmente due bocconi (cioe´ altre due capirinhe) e attaccando bottone con una tizia che voleva farmi i capelli con le treccine rasta.
Torno a casa non proprio lucidissimo. Rifiuto varie offerte da peronsaggi loschissimi, anche perche´ non capisco bene cosa mi propongano: droga? Donne? Un rene? Un arsenale atomico? Leggo un cartello che indica la presenza a Salvador di una via Ray Charles, cosa che mi sembra molto bella. Poi penso che potrebbe essere un vicolo cieco e comincio a ridere da solo della mia stessa freddura. Un tizio si affaccia alla finestra e mi chiede di dove sono. Glielo dico e lui dice a voce alta qualcosa sull´Italia che non capisco. Tutta la via ride. Reagisco nell´unico modo possibile: alzo le braccia al cielo e comincio a gridare "Campioni del mondo! Campioni del mondo!" E´ il trionfo: attraverso fiero la via sotto una pioggia di fischi e insulti, e in qualche modo torno alla mia posada. Ronf.
Non so se riusciro´ a scrivere ancora nel 2006. Se non ce la faccio, vi auguro un felice anno nuovo. Per quello che mi riguarda questo e´ stato un anno decisamente intenso. Ma visto che in qualche modo sono sopravvissuto, penso che l´unica cosa che conta e´ che non mi sia mai annoiato. E se e´ vero, come dice Nietzsche, che cio´ che non ti uccide ti rende piu´ forte, sono contento di tutto quello che ho avuto. E ´sti cazzi, l´anno prossimo ne voglio di piu´.
Ora sto per partire di nuovo: la pacchia di Bahia, di questa vita, questi suoni, questi colori e´ finita: sto per passare quasi tutta una settimana in un posto tranquillo, silenzioso, pacifico, deserto, quasi noioso.
Si chiama Copacabana.
sabato 30 dicembre 2006
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4 commenti:
Pa': torna con un animale, un armadillo, un lama, fai tu, oltre alle zecche che avrai addosso....
Anch'io sono in partenza, dopo capodanno parto per Chicago per una conferenza e poi vado una settimana a New York, e' la prima volta e non vedo l'ora.
Bello il blog, auguri e un abbraccio.
Mattia
Grazie del blog , leggerti ti fa sentire più quì di quando sei quì.
Come avresti potuto fare senza scrivere ?
Oggi il Tasso è passato a visitare l'anticristo e mentre spaccava la legna da ardere, mi ha detto del blog.
Hai visto le foto, barbone ?
http://picasaweb.google.com/chiagima/giacomo
Besos,
CHIAGIMA
Qui sono le 22,25 auguri con notevole anticipo (6 ore circa sulla mezzanotte brasiliana) ,anche perchè non sappiamo quando li vedrai.Un Capodanno a Copacabana potrebbe sconvolgere anche persone molto più temperanti del Poldo che conosciamo.Confidiamo,comunque, che ci leggerai prima del 1°Gennaio 2008 Anna Pitto e C.
Auguri capoeiristici per un 2007, se possibile, ancora più movimentato.
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